AURA, ESPRESSIONE PERCEPIBILE MA INTANGIBILE DELL’ESSENZA DI OGNUNO DI NOI, “Auràtico”
Emanuela Gizzi, giovane e promettente artista, esprime la sua idea di Aura ponendo lo spettatore di fronte ad un percorso volto a sprigionare la stessa e non la fisicità, scegliendo di inscenare una performance. Nei giorni 25 e 26 Maggio scorsi, nella galleria indipendente Nero - la Factory, donne e uomini vestiti di kimono bianco, colore neutro che non risalta le sinuosità fisiche, hanno permesso di lasciarsi analizzare, per capire se l’aura coincide con la realtà. Riuscire a scrivere su una persona in trance, che non si conosce, significa che qualcosaviene trasmesso.
Propongo una breve intervista all’artista, per conoscere il suo pensiero e proiettarci verso la prossima performance che si terrà all’ Aurum – La fabbrica delle idee, nei giorni 15 e 16 Giugno, un progetto di Emanuela Gizzi, curato da Andrea Barbara Romita, studentessa in Design.
Auràtico post-performance ©Arianna Consorte
Daniele AMODIO interview Emanuela GIZZI
Come mai hai deciso di indagare sulle modalità di espressione ed emanazione dell'interiorità di ogni individuo a partire dall'immagine del corpo?
Non ho preso in considerazione l’immagine del corpo, bensì ho sentito l’esigenza di raccontare le impressioni che le persone suscitano in me. Per farlo devo citare l’aura, che trasmette - rifacendosi alla perfezione - senza imporre giudizi estetici. La ricerca è partita con Carla, una dei performers. Si discuteva di personalità e la possibile percezione della stessa, a prescindere da indicatori estetici o accessori che possono inserirla in una categoria. Una persona spoglia, non potrà mentire sul proprio essere. La percezione dell’aura è singolare, quindi il giudizio è soggettivo, ma essendo anima di una persona, penso che alcune cose in comune tra una percezione e l’altra ci siano ed ognuno può interpretarle. Ecco, la ricerca è partita da qualcosa che funziona come il così detto “a pelle”.
Trittico: questa opera nasce con la performance, oppure è un'opera precedente? Cosa vuole trasmettere?
Il trittico, primo step della mostra, fa parte di una serie non precedente, le opere non hanno una coerenza stilistica e la scelta è stata dettata appunto dall’aura, che emanava sensazioni diverse ad ogni momento. Stili diversi portano a dare un’aura diversa ad ogni opera e quella del trittico invita all’introspezione. È raffigurato un uccellino che si fa schermo con la sua ala, la quale combacia con l’occhio della faccia principale che vomita la personificazione perfetta del volere altrui. Sono raffigurati i numeri della perfezione sbarrati con delle X, che a loro volta rappresentano la perfezione nell’imperfezione. Troviamo poi un ciuffo di capelli, il processo doloroso che debella ciò che fa più male ed è ridicolizzato. Un rimando alla pop art, un po’ banalizzata, elementi stilizzati con un concetto forte alla base, legato al dramma.
Nell'opera sei osservatrice e osservata, come hai vissuto questa condizione?
Nonostante fossi dal lato del pubblico, mi son sentita completamente isolata ed in trance, come i performers. Non percepivo alcun tipo di emozione, come travolta da apatia ed alienazione. Ero il decimo elemento esterno, del quale scoprire ed analizzare arte e poetica. Tutto questo grazie al collegamento che si era creato tra le auree dei performers. Il concetto è davvero profondo e mi ha legato all’idea della coesionecome gruppo ed a quella atroce di dolore, legato ad una condizione psicofisica estrema, provata per poco, ma bastata per capire quali fossero i limiti del corpo. Ho sofferto l’attesa con i ragazzi. Sono felice di essere rimasta esternamente interna, perché serviva qualcuno che facesse da tramite, un ponte tra il pubblico e i performers. Questo ruolo mi ha terrorizzata ed alienata e sento che lo stato di apatia, nonostante siano passati alcuni giorni, continua a vivere.
Hai scelto di utilizzare lo specchio per condurre lo spettatore ad osservarsi durante la performance. Questo con l'intenzione di creare quale reazione nel fruitore dell'opera?
Lo specchio, ultimo step dell’opera, non è nato per osservarsi durante la performance. Dal trittico, ai performers, passando per i bozzetti, ci si ferma agli specchi. Come ultima fase, dopo aver cercato di analizzare le auree altrui, deve provare ad analizzare l’aura personale. Il primo specchio intitolato “L’aura di uno Psicotico” coperto solo per metà, in verticale da una tela, indica due estetiche, dare e ricevere, due anime, una distorta e meno presa in considerazione perché lontana dal concetto di celestialità. Anche se il messaggio di indossare le auree era chiaro, le persone si avvicinavano con timore agli specchi. Nel secondo, “Faccia d’Aura” ho provato a dare un volto all’aura, anche se concetto invisibile. Questo era lo scopo - sostituire il proprio volto con quello dell’aura -.
Parlando di aura, si possono trovare molte sfaccettature della persona, alcune evidenti e altre meno. La tua opera prende in considerazione gli studi psicoanalitici rispetto all' inconscio e alle sue variazioni?
La mia indagine prende in analisi esattamente l’emanazione dell’essere. Esistono mille sfaccettature dell’aura, non essendo parte migliore o peggiore, né un solo concetto o parola. È l’insieme delle qualità che compongono l’anima, che formano la personalità che emana ed è soggettiva in quanto ogni persona coglie in modo diverso le sue sfaccettature. I dettagli sono quelli, che uniti danno vita all’aura, non esiste una sfaccettatura giusta e una sbagliata. Grazie alla consapevolezza di un performer che permette di lasciarsi analizzare, si giunge a capire se questa aura coincide con la realtà. Riuscire a scrivere qualcosa su una persona immobile, che non si conosce, significa che c’è qualcosa che viene emanato, quindi è difficile che sia sbagliato.
C'è qualche artista che ti ha particolarmente influenzata rispetto all'utilizzo della messa in scena del corpo nella performance?
Non ho avuto artisti dai quali prendere spunto. La performance è il frutto di un lavoro di ricerca, secondo una mia estetica, nato da un impulso. Sappiamo che questo concetto è molto vicino alla visione onirica e spirituale di Marina Abramović o Gina Pane ma non è un tipo di analisi comparabile a grandi nomi molto usati e violentati. La performance non è paragonabile perché non dolorosa e non si sofferma all’artista. Si potrebbe pensare ad un rifacimento a Pistoletto, ma sono diverse le tecniche. Io parlo di specchio polimaterico, un completamento dello stesso. Pistoletto concede l’entrata in un’immagine che già ha dato, lo spettatore è un elemento in più. Per esistere nel mio specchio il fruitore deve prestarti per metà. Nello specifico, ci sono molti artisti a cui sono legata, ma nessuno è stato preso come riferimento. Senza peccare di arroganza o presunzione, è stata una valutazione sincera e spontanea. Anche non usare il nudo è stata una scelta fedele al mio concetto.
Auràtico
a cura di Emanuela GIZZI
curatrice Andrea Barbara ROMITA
Next Performance: 15-16 giugno
ExAurum-La Fabbrica delle Idee
Trittico ©Arianna Consorte
Specchio ©Arianna Consorte
Momenti della performance ©Arianna Consorte