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CHITCHAT with | francescaVENIER   _TOPOTEK1

 

Vorremmo chiederti qual è la condizione che determina per te la concezione di bellezza? Qual è l’elemento che dobbiamo mettere in campo quando pensiamo a un progetto per le persone?

Gli spazi per me più belli credo siano quelli non-codificabili o quelli multi-codificabili. Non credo in una bellezza assoluta. Il concetto di bellezza è un fatto in gran parte soggettivo, si fonda su una serie di elementi culturali, si trasforma di pari passo ai cambiamenti di pensiero e di costume.

Potrei citare ad esempio un nostro progetto: Superkilen, a mio parere uno dei progetti più riusciti dello studio, premiato tra i vari riconoscimenti con l’Aga Khan Award e nominato per il Mies van der Rohe Award (per la prima volta uno spazio pubblico). Un progetto dichiaratamente ambivalente dal punto di vista estetico, che persegue una sostenibilità di tipo sociale basata sulla democraticità e durabilità del progetto stesso ma anche del suo stesso processo creativo. Partendo da un contesto di multiculturalità e di convivenza non sempre pacifica viene proposto un parco cittadino in cui riproporre le storie personali e le realtà proprie degli abitanti del quartiere, a cui viene chiesto specificatamente di suggerire gli oggetti sorprendenti da integrare nel parco. Nasce un luogo in grado di coinvolgere diverse identità. Il parco nasce da una riflessione sul concetto di integrazione, non come assimilazione ma più che altro vicino all’idea di traduzione. Gli oggetti, prelevati dalla loro realtà ed introdotti in un contesto nuovo non possono che richiedere un operazione di traduzione, dando vita ad un nuovo “Paesaggio”, una strana combinazione di oggetti, a metà strada tra due mondi, capace di generare “Playfulness”.

Il colore e la grafica, tipici di molti dei nostri progetti, legano qui gli oggetti tra loro, modellano lo spazio e servono come sfondo cromatico agli elementi e alle alberature. Sono atti a comunicare immediatamente le tre diverse vocazioni degli spazi in cui è diviso il progetto: la piazza rossa, foyer e accesso del parco, palco per la vita contemporanea ed urbana del quartiere di Nørrebro con caffè, musica e sport; il mercato nero, concepito come “salotto urbano”, spazio per famiglie e incontri di quartiere, elemento di collegamento tra le estremità del parco; il parco verde pensato per picnic, sport e tempo libero.

Gioca quasi tutto sul processo di dare alle persone un senso di appartenenza e di appropriazione.

Certo. Ciò che rende bello Superkilen è il fatto che funziona perfettamente, la sua bellezza è data dalla possibilità per ognuno di ritrovare la propria storia personale, di rivedersi in una propria estetica e di appropriarsi personalmente di almeno un angolo di questo parco, suscitando un senso di appartenenza e di condivisione della responsabilità.

Venendo dall’Italia, e avendo vissuto poi nella Berlino degli anni ’90, all’epoca una città vibrante, teatro perfetto per la sperimentazione, non più rispettosa dei vecchi dogmi ma ancora non sottostante a nuove regole, anche la mia percezione e concezione della bellezza ha subito grandi trasformazioni. Berlino era una città non “bella” ma malleabile e in continua trasformazione, estremamente aperta ad interpretazioni, aggressiva e forse anche un po’ sgarbata, non tutti ne hanno subito il fascino a lungo, io mi sono completamente innamorata.

Tu hai un approccio più spinto sui luoghi irrisolti, forse?

Forse più che irrisolti direi sincroni ed eterogenei, non a caso sin dal suo inizio Topotek 1 coltiva nei suoi progetti l’ "estetica del conflitto". I progetti promuovono una concezione dello spazio pubblico in cui vengono negoziate molteplici forme di convivenza, consentendo a vari tipi di appropriazione, funzione e storia di scontrarsi l'uno con l'altro. Il risultato sono spazi ibridi drammaturgicamente ben pensati che vanno al di la dell’idea tradizionale di ciò che può essere il design spaziale e la sua concezione estetica. Creano situazioni di disagio, di irritazione, permettendo all’utente un cambio di prospettiva, per poterlo mettere poi nella condizione di chiedersi altro e di esplorare un nuovo modo di vivere lo spazio. Trovo anche l’ambiguità tipologica di spazi come Superkilen estremamente interessante. Parco lineare o piazza urbana? O ci troviamo  forse di fronte ad una nuova tipologia urbana?

Abbiamo visto un po’ di foto in cui le persone del posto hanno fatto anche dei murales. Forse questo “imbastardimento” del progetto lo rende più vero.

Esatto, i murales sono sati realizzati successivamente in maniera spontanea. In fondo è quasi il proseguimento naturale del progetto che, già sin dalle sue prime fasi, rende protagonisti gli abitanti e i fruitori. Si tratta di un luogo da usare, di cui appropriarsi, ed è nella sua natura non considerarsi finito così com’è, non chiede di essere fotografato senza nessuno nella scena. In questo sta la sua bellezza.

Il numero di WOO non mira comunque a dare una definizione di bellezza. Ciò che dici è ciò in cui mi ritrovo, perché mi fa pensare alla fruizione reale dei luoghi, esulando dalla rivista patinata.

Se proprio dobbiamo definire uno spazio partendo dal concetto della bellezza, forse per me lo spazio bello è lo spazio vivo, uno spazio che è flessibile, di cui potersi appropriare, malleabile, in continua trasformazione.

Nei progetti di Topotek1 il colore sembra rappresenti un elemento importante della progettazione. È così? Con quale criterio avvengono le scelte?

Topotek 1 è sicuramente considerato uno dei precursori nell’uso della grafica e del colore nei suoi progetti. Oltre ad avere un impatto sorprendente in particolare nei progetti prettamente di paesaggio, il colore e la grafica sono di supporto nella comunicazione del concetto. Parte integrante del progetto è la sua comunicazione, per noi rilevante sia durante il processo creativo interno che nella sua comunicazione verso l’esterno e nella sua realizzazione.

Spesso grafica e colore partecipano attivamente alla definizione del progetti in particolare quelli giocati sull’ambiguità di informazione e di uso (spontaneo/programmato). Si pensi per esempio ad uno dei primi progetti di Topotek 1, Flämingstrasse (con Gabriele Kiefer) dove alla segnaletica del parcheggio si sovrappone quella di uno playground composto dall’accostamento di diversi campi da gioco. L’intreccio dei segni, colori e codici tipici del lessico stradale da vita ad un inedito paesaggio grafico, generando un sistema complesso ricco di nuove interpretazioni. Anche il progetto per l’ ex stazione merci di Hannover utilizza mezzi grafici per multi-codificare il sito esistente. La grafica in bianco e nero combina esterni e interni, affari, tempo libero e infrastrutture, seguendo quella strategia di "incontri curati" ampliamente sviluppata nel progetto di Superkilen.

Alla fine anche la vostra pubblicazione è molto incentrata sullo studio grafico come comunicazione ma anche ambiguità e apparente disfunzione. Mi pare molto bella, credo sia anche divertente lavorarci.

Grafica è anche texture, materialità, come nel progetto Spreehafen realizzato ad Amburgo in occasione della IBA (Internationale Bauausstellung, Mostra internazionale di architettura) 2013 dove una scala, originariamente adibita ad un semplice attraversamento infrastrutturale dell’argine di protezione della citta dalle maree, diviene spunto per amplificare uno spazio pubblico a diretto contatto con l’acqua e di migliorarne la fruibilità. L’ambiguità, la rottura con chiari limiti, lo spazio intenzionalmente lasciato libero all’interpretazione e l’aspetto ludico si riflette anche nell’uso dei materiali, dove spesso “ciò che sembra non è sempre quello che è”. A Monaco il progetto Bahndeckel sviluppa un intera area giochi, al di sopra di un tunnel ferroviario (da qui il nome), per un nuovo quartiere residenziale pensato come sequenza di spazi ispirati a diversi paesaggi tedeschi. Il progetto enfatizza la straordinaria e artificiale qualità del luogo. In un ipotetico viaggio dalle Alpi al mar del nord si susseguono, in una astrazione i diversi paesaggi, da una parte le spiagge, riproposte con aree per il gioco in sabbia contenute in colline di superfici in gomma, e dall’altra le colline erbose in erba artificiale, con animali da pascolo interpretati da cavalli con maniglie.

Chi è stato il tuo maestro?

Non mi riconosco in un maestro, ho incontrato diverse persone durante il mio percorso di formazione accademica e professionale che hanno sicuramente fortemente influenzato il mio approccio progettuale.

Durante gli studi, essendo del vecchio ordinamento, ho avuto la possibilità di spaziare nella mia formazione dall’urbanistica al progetto architettonico, passando dal disegno industriale. Poi a Berlino mi è capitato quasi per caso di essere coinvolta nel concorso internazionale di idee per un “Parco urbano aree Falk a Sesto S.Giovanni” (1998) per lo studio di paesaggio di Stefan Tischer, attualmente professore ad Alghero, esperienza che mi ha sicuramente aperto il percorso poi seguito con lo studio.eu di cui ero socia fondatrice (insieme con Paola Cannavò e Maria Ippolita Nicotera dal 2000 al 2010 ca.). Inevitabilmente la possibilità di collaborare con grandi studi internazionali ha sicuramente influito sulla capacità di accogliere approcci diversi a volte antitetici e spesso a prima vista non immediati e ha contribuito ad affermare il mio interesse per il paesaggio e lo spazio pubblico.

Con Topotek 1, con cui collaboro dal 2006 e di cui sono associata dal 2014, con Martin Rein-Cano, socio fondatore e creative director dello studio, e Lorenz Dexler, capo del dipartimento di progettazione, si arricchisce infine la riflessione sul paesaggio e lo spazio urbano, ricerca supportata da un ancor più ampio spettro di progetti e collaborazioni internazionali. Un nuovo aspetto professionale che entra a far parte del mio lavoro, aspetto dovuto principalmente alla dimensione dello studio, è quella gestionale sia dei progetti (nel mio caso concorsi e fasi preliminari dei progetti) che delle risorse umane.

Beh in italia non è così scontato, non ci sono molti paesaggisti.

Storicamente la Germania ha un lungo passato legato alle scuole di paesaggio, da noi la formazione specifica è di nascita più recente. All’inizio della mia carriera professionale, con lo studio.eu, ci occupavamo principalmente di quello che ai tempi veniva definito Landscape Urbanism, ”sfruttando” l’opportunità dataci dalla nostra formazione accademica che essendo ancora organizzata secondo il cosi detto vecchio ordinamento, spaziava nelle varie discipline progettuali dall’urbanistica alla progettazione architettonica, includendo spazi aperti e costruiti. Approccio che tutt’ora trovo molto interessante…..c’è sempre tempo per specializzarsi.

Da due anni a questa parte, Topotek 1 include anche un dipartimento di architettura, cosa atipica per uno studio storicamente prettamente legato al paesaggio, ma in fondo ci è sempre costato fatica dover stare nei nostri “confini”.

In questo momento i cambiamenti climatici sono un argomento centrale a livello mondiale. Il paesaggio costiero di alcune città e isole del mondo rischia di essere compromesso dall’innalzamento progressivo dei mari, così come l’incremento delle temperature aumenta il rischio di incendi nelle zone boschive nell’entroterra. In che modo la progettazione paesaggistica può limitare e/o prevenire questo pericolo?

Pensare al progetto di paesaggio, e non solo, in maniera integrata con le variabili necessarie per gestire e prevenire le problematiche legate al cambiamento climatico è sicuramente doveroso ed inevitabile. Queste variabili dovrebbero però essere concepite come strumenti da usare per sviluppare il progetto stesso. Un approccio non additivo. Dobbiamo cogliere l’occasione per arricchire i nostri progetti partendo esattamente da considerazioni quali gestione delle acque, supporto della biodiversità, ecc pur senza per forza dover seguire una estetica naturalistico-ambientale.

Quali sono gli elementi Necessari affinché Le architetture si inscrivano armoniosamente nel paesaggio?

L’attenta analisi del contesto è condizione “sine qua non” per concepire un progetto armonioso e funzionante.

Per te qual è un progetto che interpreta al meglio il rapporto tra architettura e felicità? Esistono architetture felici? Da cosa è suggellato questo legame?

Non vorrei ripetermi ma uno spazio felice è uno spazio flessibile, di cui poterti appropriare, malleabile, in continua trasformazione. Lo spazio felice è uno spazio bello.

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