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Il restauro del complesso imperiale di Yohannes IV a Mekele in Etiopia

 

Il restauro del complesso imperiale di Yohannes IV, la cui costruzione risale agli anni 1881-84, è stato un processo lungo (2010-13) e talvolta faticoso, ma certamente di grande interesse: non solo per gli aspetti tecnici affrontati e le difficoltà incontrate - prevedibili in una città posta a oltre 2000 m di altitudine sull’altipiano etiopico settentrionale, non lontano dal confine (chiuso) con l’Eritrea  e collegata con la capitale, Addis Abeba, in pratica soltanto per via aerea - ma anche per quelli di carattere più ampiamente culturale. I rapporti con le autorità locali preposte al controllo dei lavori e con i tecnici e le maestranze etiopi sono stati tuttavia sempre molto buoni e improntati a grande spirito di  collaborazione.

Il passaggio dalla fase di progetto a quella esecutiva ha comportato, come spesso avviene, una revisione del primo: sono state scoperte, per esempio, alcune modifiche alle bucature impropriamente eseguite in passato, oggi riportate alle loro dimensioni originarie. Si è inoltre a lungo ragionato sulle due scale esterne dell’edificio minore, entrambe probabilmente aggiunte in un momento successivo alla prima fase costruttiva. Ciò significa che il livello superiore era probabilmente raggiungibile originariamente solo utilizzando scale lignee di fortuna.  Si è così, alla fine, optato per la demolizione della scala sul lato meridionale dell’edificio, gravemente danneggiata e frutto di un’addizione più tarda, e per il mantenimento di quella sul lato settentrionale, necessaria al funzionamento dell’edificio quanto testimoniata da una vecchia foto.

Particolarmente delicato è stato il restauro del legno. L’autore dell’intero complesso, l’italiano Giacomo Naretti, era in primo luogo un falegname. Le parti lignee sono notevoli già all’esterno: per le grandi logge del secondo livello dell’edificio principale, per i begli infissi e per i caratteristici ricorsi ordinatori presenti in facciata. Ma il legno è soprattutto il maggiore responsabile della qualità degli interni: per le spettacolari coperture degli ambienti, i cui intradossi appaiono fortemente caratterizzanti, e per la eccellente fattura di alcuni pezzi particolari come il portone d’ingresso, il trono (firmato e datato dallo stesso Naretti), la grande scala ecc. Il nostro consulente per il restauro del legno ha dato vita a un vero e proprio laboratorio, coinvolgendo in cantiere  un gran numero di falegnami locali: tutti i  componenti sono stati accuratamente rilevati, smontati, numerati, restaurati (con la eventuale sostituzione delle parti troppo ammalorate per essere riutilizzate) e infine rimontati. Il recupero della eccezionale qualità materica dei pavimenti lignei del primo piano ci ha  spinto a riproporne di simili anche al piano terreno. Originariamente non c’era qui alcuna finitura: i servitori degli ultimi membri della famiglia imperiale vissuti nella residenza fino agli anni Settanta del secolo scorso hanno testimoniato che, prima del getto in cemento da noi trovato al momento del rilievo, c’era semplice terra battuta.

Il consolidamento delle parti murarie - urgente sia per le pessime condizioni statiche dei due edifici, in particolare quello più piccolo, che presentava un angolo a forte rischio di crollo, sia per il necessario adeguamento sismico - è stato realizzato con opere di cuci-scuci, con il montaggio di catene metalliche e con la realizzazione generalizzata di un sandwich di rete metallica.

Il nuovo edificio ha preso il posto di una delle molte preesistenze prive di valore storico-artistico proliferate nel tempom e ora tutte demolite, con grande vantaggio per il recupero dell’immagine originaria del parco. L’unica di cui è stata proposta la sostituzione ha consentito di ospitare una caffetteria, una libreria - gift shop e, da un accesso separato, i necessari servizi. Si tratta di un semplice parallelepipedo rivestito in lastre di pietra locale di colore grigio scuro. La facciata, resa peraltro pressoché invisibile da una preesistente quinta verde, contribuisce tuttavia a racchiudere il piazzale formato dai due edifici maggiori, conferendogli una spazialità più raccolta e adatta a ospitare eventi e cerimonie ufficiali all’aperto.

Il parco, l’unico nel centro di Mekele, è stato riaperto al pubblico. Molti spazi all’aperto sono stati pavimentati ricorrendo a lastre di pietra locale di colori diversi. Gli edifici storici sono stati inoltre oggetto di un accurato progetto illuminotecnico, sia all’esterno sia all’interno. Nel complesso, il restauro ha costituito una grande occasione per l’Heritage etiope: il principale edificio storico di Mekele, dopo aver riacquistato la sua immagine originaria, potrà adesso contribuire alla rinascita culturale e turistica di Mekele e della regione del Tigray. Ma, soprattutto, ha costituito una straordinaria occasione scientifica, professionale e umana per tutti noi progettisti ed esecutori che vi abbiamo lavorato.    

 

 

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